N° 116

 

RIFLESSI IN UNO SPECCHIO SCURO

 

 

Di Carlo Monni (con concetti e personaggi di Fabio Volino)

 

 

1.

 

 

            Il Mausoleo di Lincoln a Washington DC è da sempre un luogo speciale per tutti coloro che hanno vestito il variopinto costume di Capitan America ed hanno accettato il pesante fardello di combattere per il Sogno Americano, un ideale che sembra sempre più lontano dal realizzarsi e forse anche per questo più degno di combattere per esso.

            Elizabeth Mary Mace è l’ultima della lista nonché la prima donna a ricoprire il ruolo di Sentinella della Libertà e mentre se ne sta in piedi davanti alla statua di Lincoln stringendo nella destra lo scudo bianco rosso e blu il suo pensiero va all’uomo che ha chiesto d’incontrarla.

-Ciao Lizzie.-

            La voce maschile è arrivata improvvisa alle sue spalle e Liz si volta di scatto per trovarsi di fronte un uomo che veste una diversa versione del costume della Sentinella della Libertà. Il fisico, la sua postura, la voce e quel diminutivo con cui l’ha chiamata, che lei ha sempre detestato e che lui usava proprio per questo. È possibile che sia davvero lui? Spera che lo sia… oppure no?

            La voce le trema mentre replica:

-Jeff! Sei davvero tu?-

 

            Il posto è una villa in stile coloniale in quello che sembra un paesaggio caraibico. La donna bionda che dimostra poco più di trent’anni ied è n piedi sulla veranda sospira. Una gabbia per quanto grande e dorata sia resta sempre una gabbia, pensa.

            Una cameriera dalla pelle ambrata che rivela chiare ascendenze indie e africane si avvicina quasi senza far rumore e deposita un vassoio con due bicchieri su un tavolino accanto al quale siede un uomo dai capelli e baffi bianchi dall’età indefinibile. Indossa un elegante abito bianco che lo fa sembrare un ricco piantatore di tempi ormai scomparsi. I suoi occhi di un freddo blu acciaio rivelano una durezza maturata in anni di chissà quali avventure.

            Fa appena un cenno alla cameriera mentre afferra uno dei bicchieri.

-Prenda il suo, mia cara Alicia.- dice.

            La donna bionda abbozza un sorriso e si siede accanto al vecchio, sorseggia il suo Cuba Libre[1] poi ripone il bicchiere sul tavolo e dice:

-Stavo pensando a… quello che è successo a Levine.-

-Era necessario.- replica il vecchio -Non avrebbe avuto il fegato di resistere alle pressioni dell’inchiesta sulle attività… non ortodosse… della North Organization. Sarebbe crollato trascinandoci tutti nel fango con lui. Era un burocrate non un soldato.-

-Non come lei, Sir Ian.-

            Se c’è dell’ironia nella voce di Alicia Wallencott, Sir Ian McMasters non la coglie o sceglie di ignorarla e replica:

-Io mi sono fatto le ossa nel SAS[2] in zone molto calde ed in operazioni che ufficialmente non sono mai esistite. È in una di esse che ho riportato la mia ferita alla gamba. Levine non sarebbe sopravvissuto in quelle situazioni nemmeno per cinque minuti. In questo eravamo decisamente diversi.-

-Eppure era il suo numero due.-

-Perché era un eccellente amministratore e mi sollevava dal peso della parte noiosa del comando. Ora è un utile capro espiatorio a cui attribuire tutte le colpe.-

-E lei pensa davvero che crederanno che aveva organizzato tutto lui? Che lei fosse all’oscuro di tutto?-

-Naturalmente no ma non potranno provare nulla e passata la tempesta potrò riorganizzare la North, magari con un nuovo nome.-

-Lei lo aveva previsto fin dall’inizio. Ha fatto in modo che tutte le prove portassero a Levine ed ora che lui è morto non potrà mai implicarla.-

-Un bravo comandante deve pensare anche a possibili vie di fuga in caso di sconfitta. Levine mi sarà utile da morto come lo è stato da vivo anche se in modo diverso facendomi da scudo dai guai peggiori.-

            E la prossima volta potrebbe toccare a me, pensa Alicia Wallencott ma ovviamente non lo dice.

 

            Liz Mace avanza verso l’uomo davanti a lei. Allunga la mano verso di lui poi si ferma. Lui sorride e dice:

-Capisco la tua sfiducia Lizzie, ma sono davvero io.-

            Con gesto rapido si abbassa la maschera rivelando il volto di un giovane di poco più di vent’anni biondo e dai profondi occhi azzurri.

            A Liz manca il respiro al vedere quel volto ma alla fine riesce a dire:

-Oh, Mio Dio!-

            E lacrime troppo a lungo represse cominciano a rigarle il viso.

 

 

2.

 

 

            Chris Jacobs è stato molte cose nella sua vita ma principalmente un mercenario, un esperto della guerra in tutte le sue declinazioni. Quello che ha fatto e che ha visto fare viene classificato normalmente nella categoria crimini di guerra e contro l’umanità. Ora i suoi peccati sono venuti alla luce e lui ha dovuto scegliere tra la lealtà ai suoi datori di lavoro e la sua libertà. Facile capire cosa abbia scelto.

-E questo è tutto.- dice infine.

            C’è una pausa di silenzio prima che la giovane donna dai voluminosi capelli neri che indossa l’uniforme dell’U.S. Air Force dica:

-Ne è proprio sicuro, capitano? Non c’è qualcos’altro che vorrebbe aggiungere? Le ricordo che l’accordo che ha firmato non avrà alcun valore se salterà fuori che ha nascosto qualcosa.-

-Ehi! credevo che lei fosse il mio difensore.-

-Proprio per questo voglio essere sicura che le sue dichiarazioni reggano. Con i suoi precedenti la Corte Marziale sarebbe molto più che severa se si scoprisse che ha mentito o taciuto qualcosa.-

-Ne sono assolutamente consapevole, Tenente Perrywinkle, mi creda. A questo punto avrei tutto da perdere a mentire. Piuttosto, mi auguro che siano state prese tutte le precauzioni per garantire la mia incolumità prima del processo.-

-Domani sarà trasferito in un luogo segreto dove resterà in custodia protettiva fino al giorno della sua deposizione. Lì sarà al sicuro.-

-Vorrei esserne certo quanto lei ma so bene quanto è preparata la North Organization. Ha occhi e orecchie dappertutto ed ha a disposizione i migliori assassini.-

-E lei era uno di loro, giusto?-

            Jacobs non replica.

 

            Liz Mace non sa cosa dire. È davvero suo fratello quello davanti a lei? Non è un sogno? Un’illusione o, peggio, un impostore?

-So cosa stai pensando Lizzie ma sono davvero io.-

            Lei si avvicina e gli sfiora il volto con la mano. Lo fissa negli occhi e quel che ci vede la convince del tutto. Quello è lo sguardo di suo fratello. Nessun impostore potrebbe imitarlo così bene

-Oh, Mio Dio, Jeff...- mormora -Sei vivo. È una notizia meravigliosa. Mamma e papà erano stati distrutti dall’annuncio della tua morte.-

-Non dir loro niente e nemmeno a Bobbi. Non per adesso almeno.-

Non potrei nemmeno se lo volessi, pensa Liz. Non ho la più pallida idea di dove siano adesso. Ora, però una domanda le sale alle labbra:

-Come hai fatto a salvarti?-

-Ad essere onesto… non lo so.- risponde lui -L’ultima cosa che ricordo con chiarezza è che mi trovavo nella sede del F.B.S.A. senza potermi muovere ed aspettando che U.S.Agent tornasse a prendermi dopo aver portato in salvo Henry Peter Gyrich[3] quando improvvisamente c’è stata una luce accecante. Il mio successivo ricordo è di essermi svegliato su un lettino e davanti a me c’era il Dottor Quinn.-

-Quinn? Intendi il Dottor David James Quinn, il consigliere scientifico del Presidente?-

-Proprio lui. Mi ha raccontato che ero stato trovato in animazione sospesa in uno dei covi del Consorzio Ombra e che non aveva idea di come ci fossi arrivato. Ipotizzava che avessero usato una qualche forma di teletrasporto.-

-Ha senso, come ha senso che avessero in mente di farti il lavaggio del cervello come avevano fatto con Spirito Libero e Jack Flag. L’importante è che sei vivo. Ora che ci penso, adesso Quinn sa la tua identità e visto che non è certo uno stupido avrà dedotto anche chi sono io e lo saprà anche Gyrich.-

-Stai tranquilla. Gli ho detto che mi chiamo Roscoe Simons. Certo, se si è preso la briga di confrontare il mio volto con le foto dei database governativi o dei media può anche aver scoperto la verità ma sono abbastanza sicuro che non l’ha detta a nessuno.-

-Effettivamente l’ultima volta che l’ho incontrato Gyrich non sembrava che sapesse chi ero e credo che l’avrei capito se non fosse stato così. Il che mi fa sentire più sollevata, lo ammetto.-

            Un attimo di silenzio poi Liz dice:

-Ok, Jeff. Se rivuoi lo scudo…-

            Lui scuote la testa e replica:

-No. Non sono più sicuro di meritarlo. Forse avevi ragione, forse sei davvero migliore di me come Capitan America e se mai dovessi fare qualcosa di sbagliato so che me lo impedirai.-

-Perché parli così? c’è qualcosa che non mi hai detto?-

            Lui si rimette la maschera, poi risponde:

-Ti ho detto tutto quello che so. È quello che non so che mi spaventa. Proverò a scoprirlo e se dovessi fallire toccherà a te.-

            Si gira e se ne va. Liz apre la bocca per chiamarlo ma, non sa nemmeno lei perché, rinuncia e rimane sola all’ombra della statua di Lincoln..

 

            A Washington D.C. appostato in un punto sicuro qualcuno ha un fucile puntato verso una delle finestre di un appartamento del complesso Watergate.

Il cecchino inquadra la figura di Sam Wilson nel suo mirino telescopico ad alta definizione. In realtà quella che vede è solo una specie di silhouette dietro le veneziane abbassate ma Wilson vive da solo e non ci possono essere dubbi su chi sia l’uomo nella stanza. A fugare i pochi rimasti ecco che il suo telefono squilla in perfetto orario e lui risponde.

            Il cecchino aggiusta la mira in funzione del vento, prende un profondo respiro e poi spara.

 

 

3.

 

 

            San Carlos, sede della Nazione Apache omonima nel cuore dell’Arizona, è decisamente diversa da come Roberta Mace la immaginava. Mentre il SUV dove si trova si arresta davanti ad una palazzina in muratura chiede al guidatore:

-E questa è...?-

-La sede della Polizia Tribale della Nazione Apache Chiricahua di San Carlos.- le risponde il Detective Sam Silvercloud -Non dirmi che ti aspettavi che vivessimo ancora negli hogan[4], ne sarei deluso. Mi sembri una ragazza intelligente.-

-Grazie del complimento. Adesso che facciamo?-

-Seguimi e lo vedrai.-

            Silvercloud guida Bobbi all’interno di una sala agenti non dissimile da quella di una qualunque stazione di polizia di qualsiasi altro posto negli Stati Uniti. Il Detective Apache si ferma davanti alla scrivania di un suo collega e gli chiede:

-Allora, Ken… mi hai trovato quei numeri di telefono che ti ho chiesto mentre accompagnavo qui questa gentile signorina che purtroppo non riesce a ricordare nemmeno uno dei numeri dei suoi familiari?-

-Erano nella memoria del mio cellulare e non ce l’ho più.- replica Bobbi -Non avevo bisogno di memorizzarli… credevo.-

-Beh, quel che è fatto è fatto. Dunque Ken?-

-Non è stato facile, Sam.- risponde l’altro -Uno è registrato a nome di una specie di diplomatico e ho dovuto sudare per ottenerlo ed un altro appartiene ad un ufficiale dei Marines ed è riservato. Non c’è stato verso di averlo e potrei aver attirato l’attenzione dei federali.-

-Ci mancherebbe solo quello. Dovremo chiamarli alla fine visto che dovremo denunciare un rapimento interstatale ma questo non vuol dire che mi piaccia averli tra i piedi.-

-Se ne sta già occupando l’F.B.I. infatti e pure l’F.B.S.A. pare.-

-L’F.B.S.A,?- esclama Silvercloud voltandosi verso Bobbi Mace -Sicura di avermi detto tutto, ragazzina?-

-Tutto quello che so.- replica Bobbi -Ora posso avere quei numeri ed un telefono per favore?-

            Silvercloud l’accompagna alla sua scrivania e le porge un telefono dicendo:

-Serviti pure.-

Bobbi compone i numeri uno dopo l’altro più volte ma il risultato è sempre lo stesso:

-A casa non risponde nessuno ed i numeri dei miei genitori non risultano più attivi. Non capisco.-

-A quanto pare, il tuo rapimento non è il solo mistero.- commenta Sam -Ti confesso che mi sta incuriosendo.-

            Ed a me preoccupa, pensa Bobbi. Se solo potessi raggiungere Liz.

 

            La donna che si fa chiamare Capitan America aspetta qualche istante poi da dietro la statua di Lincoln estrae una valigetta. Ne trae un impermeabile che indossa subito dopo essersi tolta cappuccio e guanti. Sistema lo scudo nella valigetta e quindi lascia il Mausoleo di Lincoln.

            In pochi minuti raggiunge un’auto parcheggiata poco lontano e vi sale.

-Com’è andata?- le chiede la sua compagna Carolyn “Cary” St. Lawrence.

-Non lo so, davvero.- risponde Liz Mace.

-Che vuol dire? È lui oppure no?-

-È lui. Ne sono convinta ma c’è qualcosa che non va ne sono altrettanto certa. Ne è consapevole anche lui e questo mi preoccupa.-

-Non avresti dovuto lasciarlo andare allora.-

-Dovevo farlo. E comunque presto ci ritroveremo. È inevitabile.-

-Anche la morte e le tasse lo sono ma questo non vuol dire che mi piacciano.-

            Liz non può fare a meno di ridere e replica;

-Ed a quale dei due mali stai paragonando mio fratello?-

-Devo ancora deciderlo ma che sia portatore di guai è fuori di dubbio.-

            Di questo anche Liz era convinta ma ora che sapeva che suo fratello era vivo avrebbe fatto tutto quello che poteva per aiutarlo. Non lo avrebbe perso una seconda volta.

 

            L’uomo con l’uniforme della Marina e la donna bionda in tailleur scuro percorrono il lungo corridoio che dall’ingresso dell’edificio carcerario dello S.H.I.E.L.D, fino ad una stanza dove li attende una giovane donna dalla pelle brunita e lunghi capelli neri con indosso la tenuta arancione dei prigionieri..

            Mills la fissa per qualche istante in silenzio poi dice:

-Buonasera, Miss Barzani. Noi non ci conosciamo. Io sono i Il Tenente di Marina Franklin Mills e la signora con me è Amara Kelly dell’Ufficio del Direttore Dell’Intelligence Nazionale immagino che lei sappia perché siamo qui.-

-Sì, posso immaginarlo.- risponde, in un Inglese con un chiaro accento del Kurdistan iracheno, Tirife Barzani, ex amazzone dell’esercito di liberazione curdo.

            I suoi occhi si puntano su Mills che ne sostiene lo sguardo e le chiede:

-Dunque?-

-Cosa posso aspettarmi se collaboro?-

-Alcuni anni in una prigione militare americana invece dell’ergastolo che avrebbe sicuramente anche da una corte internazionale per aver fatto parte di una squadra di mercenari al soldo di una compagnia militare privata con l’incarico di eliminare un gruppo di profughi della nazione africana di Azania. Crimine di guerra o contro l’umanità, non sono sicuro della qualificazione esatta ma comunque, non è uno scherzetto, non le pare? In più, al termine della pena non sarà rimandata nel suo paese dove, mi dicono, la sua defezione non è stata presa molto bene.

-E se mi rifiuto?-

-Al Governo stanno valutando l’ipotesi di non sollevare accuse contro di le ma di estradarla semplicemente nel suo paese.

            Tirife Barzani tace. Sa benissimo che una volta rientrata nel suo paese la aspetta in un modo o nell’altro la morte. Deve decidere in fretta.

 

 

4.

 

 

            In un complesso segreto sotto la Capitale degli Stati Uniti un giovane in costume rientra nel suo alloggio e si sfila il cappuccio per poi sedersi sul letto.

            Ha fatto la cosa giusta, lo sa ma non è soddisfatto. Non ha detto tutta la verità a Liz e del resto come avrebbe potuto? Nemmeno lui la conosce davvero ed è quello che lo spaventa.

            Gyrich ed anche Quinn lo hanno scelto: vogliono che sia lui Capitan America e non sua sorella. Le loro intenzioni sono le migliori o almeno è quello che sembra ma anche se non sa bene cosa, lui sa che qualcosa non quadra, qualcosa che i suoi sogni tormentati cercano di rivelargli, qualcosa che lo spaventa.

 

            Da un’altra parte una donna che indossa un attillato costume rosso amaranto entra in una stanza arredata in modo spartano.

            Senza perdere tempo si avvicina ad una parete ed in un apposito scomparto sistema le sue armi, poi, con poche e rapide mosse, si sfila il costume e la parrucca bionda, quindi si mette davanti ad uno specchio e si sfila le lenti a contatto azzurre per poi riporle con cura.

            A questo punto si riveste indossando con un tailleur gessato azzurro con minigonna e tacco dodici. Per buona misura si infila anche un paio di occhiali.

            Quella che poco più tardi esce in strada e chiama un taxi è una donna del tutto diversa in cui nessuno potrebbe riconoscere la spietata assassina chiamata Madame Synn.

 

            Nel suo laboratorio il Dottor David James Quinn riflette sugli ultimi avvenimenti e deve ammettere di essere compiaciuto di se stesso. Tutto sta andando come previsto e quando Henry Peter Gyrich e tutti gli altri si renderanno conto di non essere altro che pedine in un gioco organizzato da lui sarà troppo tardi.

            Ancora poco e riuscirà dove il Teschio Rosso, Strucker e Zemo hanno fallito e questo perché, a differenza di loro, lui sa aspettare, non è impaziente. L’impazienza fa commettere inevitabilmente errori

            Gli rimangono solo un paio di ostacoli da superare ma, ed è questa l’ironia suprema, ci penserà il suo Capitan America a sistemarli per lui.

            David James Quinn resiste all’impulso di ridere come il cattivo di un vecchio film.

 

 

5.

 

 

            Se qualcuno potesse vederlo adesso, non potrebbe fare a meno di notare lo sguardo corrucciato dell’uomo che siede in una comoda poltrona di pelle dietro ad una scrivania su cui è posata la foto di una giovane donna dai capelli neri e corti,

 Dagli Stati Uniti stanno arrivando solo cattive notizie. I suoi piani contro la Roxxon e per controllare certe cariche politiche stanno fallendo uno dopo l’altro.

            Forse ha sbagliato ad affidarsi alla North Organization o forse ha semplicemente sottostimato i suoi avversari.  In ogni caso, lui è sempre stato uno che impara dai suoi errori

La prossima volta non ci saranno fallimenti.

 

            In un appartamento di Washington D.C. un afroamericano risponde al telefono.

<<E così, Congressista Wilson, ha deciso di tradirci.>> dice una voce alterata da qualche meccanismo elettronico. impossibile perfino a capire se a parlare è un uomo od una donna.

-E così avete scoperto che vi ho fornito materiale di nessun valore.-

<<Credeva davvero che non lo avremmo scoperto? La credevo più furbo, Wilson. Ora pagherà il prezzo del suo tradimento.>>

-Non parlerei di tradimento se fossi in voi. Il vostro tentativo di corrompermi ed ottenere materiale top secret potrebbe essere chiamato proprio così. Da quanto ho saputo, il vostro bel castello di carte sta crollando. I suoi capi sono morti o fuggiti. È davvero sicuro di voler andare avanti?-

<<Quello di cui sono sicuro, Wilson, è che tra un secondo lei sarà morto.>>

            In quell’esatto momento la finestra della stanza è infranta da un proiettile.

 

            Dalla sua posizione il cecchino vede cadere l’uomo dietro le veneziane e sorride. One shot one kill[5] era il motto della sua unità e lui vi ha tenuto fede ancora una volta.

            Sam Wilson non è più un problema.

 

 

CONTINUA

 

 

NOTE DELL’AUTORE

 

 

            Quasi nulla da dire in realtà. Tutto quello che c’era di rilevante da sapere è stato detto nella storia. Posso solo aggiungere che:

1)     Sam Wilson è veramente morto così? è questa l’ingloriosa fine del primo supereroe afroamericano? Sono stato veramente capace di tanto? Ne avrete la certezza solo nel prossimo episodio, -_^

2)     Per chi non lo ricordasse, Roscoe Simons era il nome di un ragazzo che tentò di sostituire Capitan America nel periodo in cui Steve Rogers aveva preso l’identità di Nomad. Fu ucciso dal Teschio Rosso originale in Captain America Vol 1° #183 datato marzo 1975.

3)     Chi è il vero mandante della North Organization? Un indizio: è un vecchio personaggio Marvel di cui nessuno si ricorda e che nessun supereroe ha mai incontrato di persona ma che ha provocato loro più di un fastidio.

Nel prossimo episodio: tutta l’azione che è mancata negli ultimi due e qualche risposta.

 

 

Carlo



[1] Cocktail compsto da cola (perlopiù Coca Cola), Rum bianco (Originalmente Bacardi) e succo di lime.

[2] Special Air Service, corpo di operazioni speciali dell’esercito britannico.

[3] Come visto nell’episodio #50.

[4] Tipica abitazione Apache e Navajo,.

[5] Un colpo, un’uccisione.